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venerdì, dicembre 09, 2022

💛Geronticidio

 Un argomento spinoso, quelli del geronticidio, tale, da essere rinnegato dagli stessi Sardi. Eppure, la stessa Maschera Ghignante, simbolo di quel riso sardonico, altero e dignitoso, che avrebbe caratterizzato questo passaggio ritualistico molto importante, come ho approfondito in un mio scritto( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/03/la-maschera-dellaldebaran-solare-di-san.html?m=0), parla di un rito divinizzante, solarizzante, sulla via della rinascita, verso Aldebaran, l'occhio della costellazione del Toro, lungo la Via Lattea, la via della rinascita dopo la morte. 

Non vi era dunque, separazione, nella nostra Antica Civiltà Sarda, tra la vita e la morte, ma la continuità di un viaggio, in una dimensione divina, come esprimono anche i luoghi sacri di questo passaggio, come le Domus de Janas e le Tombe dei Giganti. 

Un privilegio, una richiesta di divinizzazione, che partiva dagli stessi umani, dagli stessi padri, consapevoli del proprio destino e dell'importanza di questo rito di passaggio, che di per sé è crudele, ma che rappresentava il privilegio di potersi immolare per ciò in cui credevano, affrontando la morte in modo dignitoso, secondo i  parametri della comunità. 

Tiziana Fenu ©®

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Il geronticidio e il riso sardonico. 


Altro rituale degno di nota è quello del geronticidio: si tratta di una cerimonia improntata sul principio di rinascita di cui ci racconta fra i primi il siceliota Timeo. Lo storico classico riporta l’uso associandolo alla realtà sarda: gli indigeni secondo quanto raccontato erano soliti uccidere i loro vecchi padri una volta che questi avessero raggiunto i settanta anni. Secondo la fonte l’uccisione avveniva in onore di Kronos, e si svolgeva in maniera rituale: il vecchio veniva accompagnato, cosciente del suo destino (perché egli pure era stato carnefice del padre in passato), presso un dirupo. Raggiunto il luogo i figli bastonavano i propri padri a morte per poi gettarli nel vuoto, tra risa feroci e disumane. Demone ed Eliano da Palestrina confermeranno nei loro scritti questa usanza sarda, e proprio Eliano cercherà di dare spiegazione al riso sforzato ed amaro sia del genitore che dei figli, noto come riso sardonico. Secondo lo storico era da imputarsi all’uso di un’erba particolare, estremamente diffusa in Sardegna. Quello del geronticidio è costume che ritrova riscontri fra molte popolazioni primitive e moderne, nelle quali l’uccisione violenta dei vecchi genitori agisce come elemento di rigenerazione di vita perché è “dai morti che viene il nutrimento”, secondo quanto riteneva Ippocrate di Cei. Il rituale si può riconnettere esplicitamente con il cannibalismo o addirittura con l’antropofagia del defunto, secondo una comune pratica di identificazione con il trapassato: nel processo ci si addossa la colpa della scomparsa del genitore ma anche il merito della rigenerazione sociale. Lilliu ritiene che la pratica bene si associ alla Sardegna prenuragica e all'ambiente neolitico, nel quale l’economia era rurale e di raccolta e la società matriarcale. Il rituale era un obbligo morale, una sorta di liberazione dalla morte, che sarebbe stata evitata tramite l’uccisione violenta di chi a questa, con l’età, si avvicinava naturalmente. Alcuni nel rito, hanno intravisto lo stato di penuria e di necessità delle popolazioni autoctone, che non riuscendo a sostentarsi con ciò che la terra produceva, si trovavano costretti ad eliminare gli elementi che socialmente non erano più utili, in quanto improduttivi. La tesi è stata scartata sia da Lilliu, sia da Mimmo Bua, il quale fa presente come i commentatori greci per primi affermino che la terra sarda è florida, fertile e scarsamente popolata. Ciò ci fa supporre che non fosse la necessità alimentare a dettare l’uso, ma qualcos’altro. E’ inoltre probabile che non tutti i vecchi fossero soggetti alla pratica del geronticidio, ma che questa fosse riservata a particolari personaggi di spicco all’interno della società tribale. La spiegazione all’uso potrebbe ritrovarsi nel testo di Frazer, “Il ramo d’oro”, nel passo in cui tratta dell’uccisione del re divino, rituale diffuso nel Medio Oriente, nell’Africa e nell’Europa centrale e settentrionale. Il re sacerdote rappresenta, per le popolazioni primitive la garanzia di sopravvivenza della stessa comunità e la continuità del mondo; se la sua anima fosse fuoriuscita dal suo corpo per morte naturale, questa non si sarebbe più potuta recuperare. Per questo doveva essere trasmessa al suo successore attraverso l’uccisione del Dio uomo, del re sacerdote, non appena si manifestavano i sintomi della decadenza dei suoi poteri per malattia o vecchiaia. L’uccisione del re sacerdote è l’assicurazione della sua rinascita, un metodo per garantire l’immortalità della sua anima, che vivrà nel suo successore e carnefice. E’ interessante far presente quanto, in Sardegna si mantenga memoria del rito dell’uccisione dei vecchi padri. 

A Gairo, ancora si usa dire “is bèccius a sa babaieca” da babai, con il senso di «padre naturale». Alla frase corrisponde il racconto degli anziani che venivano portati alla babaieca e della relativa cerimonia. Babaieca è una roccia a picco alta trenta metri circa, ad un chilometro dalla vecchia Gairo. 

Una stradina mette in comunicazione i due luoghi e si racconta che il burrone sia dimora di numerosi scheletri umani. La leggenda voleva che i padri arrivati al settantesimo anno di vita venissero uccisi, facendoli precipitare in una cavità del terreno profonda otto metri. Era il figlio maggiore che doveva svolgere la parte attiva nel rituale: una volta preso sottobraccio il padre, che già aveva salutato tutti, lo si accompagnava lungo la strada che conduceva alla babaieca. 

Resti di questo costume sono riscontrabili anche ad Ovodda, dove la gente racconta di vecchi padri precipitati dalla rupe detta su nodu de lopene. Stessi racconti sono diffusi a Cossoìne in Sassari, dove in una roccia basaltica si apre una voragine nota con il nome di su mammuscone. Le leggende vogliono che dentro la voragine fossero buttati un tempo i vecchi e le mogli infedeli.


Tratto da Claudia Zedda "Creature Fantastiche in Sardegna"

Maldalchimia.blogspot.com

Scatto artistico della fotografa Alessandra Garau

Geronticidio




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