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giovedì, aprile 14, 2022

💜Editto di Tessalonica

 Editto di Tessalonica: il 24 febbraio del 391 d.C. da parte dell'imperatore romano d'Oriente Teodosio II, fu ordinato lo spegnimento del Fuoco Sacro nel tempio di Vesta. 


"Il nome Vesta, con il suffisso arcaico -ta, è derivato dalla radice *a1eu, «bruciare».

Il santuario circolare della dea era assai differente rispetto al consueto tempio a quattro lati orientato verso i quattro punti cardinali. Questo contrasto, che gli antichi tentarono di spiegare paragonando ingiustificatamente la dea con la terra, diventa chiaro alla luce degli studi comparativi.

La religione vedica, infatti, distingueva «il fuoco del padrone di casa», che è «questo mondo e, in quanto tale, è rotondo», dal «fuoco delle offerte», il cui fumo «porta i doni degli uomini agli dei: questo è orientato verso i quattro punti cardinali ed è perciò a quattro lati». Vesta proteggeva gli altari e i focolari.

La raccomandazione che Catone rivolgeva alla fattora (vilica), che in campagna rivestiva lo stesso ruolo della padrona di casa (domina) in città, era adattabile a chiunque fosse responsabile del focolare: «Fa’ in modo che il focolare sia mantenuto pulito, ogni giorno prima di andare a letto»

Poiché la dea, inoltre, sorvegliava anche «il focolare della città», essa era definita nella religione ufficiale Vesta publica populi Romani Quiritium.

Al suo servizio c’erano le sei vergini Vestali, il cui compito principale era quello di conservare il fuoco (ibidem).

Questo fuoco era rinnovato ogni anno il 1° marzo, all’inizio dell’antico calendario. «Se per caso questo fuoco si estingueva, le vergini sarebbero state frustate dal pontefice. L’uso, pertanto, le obbligava a sfregare un pezzo di legno “fertile” [felix materia] finché il fuoco così prodotto non potesse essere portato nel santuario da una Vestale in un setaccio di bronzo».

Sebbene le Vestali fossero dirette da una superiora, la virgo Vestalis maxima, esse erano poste sotto l’autorità del pontifex maximus. Dovevano conservare una assoluta castità per l’intera durata del loro servizio. La perdità della verginità significava la punizione capitale: la Vestale colpevole era bruciata viva nel Campus Sceleratus, vicino alla Porta Collina.

La festa della dea, le Vestalia, si teneva il 9 giugno. Dal 7 al 15 giugno il suo santuario era aperto esclusivamente alle donne, cui era consentito di entrare solo a piedi nudi. L’ultimo giorno esso veniva accuratamente pulito. La fine di questa operazione era segnata nei calendari con le lettere Q(uando) ST(ercus) D(elatum) F(as) (letteralmente: «quando viene rimosso lo sterco, il giorno è profano»). Questa nozione arcaica, che segna il momento specifico in cui il giorno cambia dall’essere un dies nefastus («un giorno proibito, o sacro», un giorno in cui non potevano essere trattati gli affari pubblici) all’essere fastus («profano»), richiama l’epoca «in cui una società pastorale doveva ripulire lo stercus delle sue greggi dal sito del suo fuoco sacro».

La preparazione dei vari elementi per i sacrifici era affidata anch’essa alle Vestali. La muries, una salamoia prodotta aggiungendo acqua a sale comune cotto al forno , e la mola salsa, farina di grano cotta e spruzzata di sale, che veniva sparsa sul capo delle vittime (immolare) prima che fossero uccise (mactare), erano preparate entrambe dalle Vestali 

L’importanza di Vesta è notevole ed evidente nella liturgia. La dea veniva invocata alla fine di ogni preghiera e di ogni sacrificio, richiamando l’invocazione di apertura a Giano, che guidava, invece, la sequenza delle divinità (questa regola liturgica era l’opposto della pratica greca, che prescriveva «l’inizio con Hestia».  Altrettanto importante era il ruolo attribuito alle Vestali. Una volta l’anno esse comparivano davanti al rex sacrorum («re dei sacrifici») e gli dicevano: «Vigilasne rex? Vigila!» («Stai vigilando, o re? Vigila!». In una solenne cerimonia sul Campidoglio, il pontifex maximus officiava insieme alla Vestale principale.

Si può perciò comprendere l’affermazione di Cicerone: «Se gli dei disprezzassero le preghiere della Vestale, sarebbe la fine del nostro potere». Nel III secolo a.C. Vesta non sfuggì completamente a un certo sincretismo che ne fece l’omologa di Hestia: durante il lectisternium del 217 a.C., per esempio, fu accoppiata con Vulcano/Efesto. In questo modo il fuoco benefico, conservato dentro la città, veniva singolarmente associato al fuoco dannoso, relegato all’esterno del pomerium, il confine religioso e rituale della città


Tratto da "Il Dizionario degli Dei. Mediterraneo, Eurasia, Estremo Oriente" di Mircea Eliade


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La "Vestale velata" dello scultore italiano Raffaele Monti (1818–1881)

Editto di Tessalonica



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