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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

martedì, aprile 12, 2022

💚Melissa, la Dea Ape

 Da un post di una mia pagina(https://www.facebook.com/100028535035054/posts/447568696204294/)

Perfino il matematico Pitagora – probabilmente un iniziato ai misteri del monte Ida – attribuiva la sua longevità ad una dieta a base di miele. E se durante le Thesmoforie siracusane si preparavano mylloi (focacce) a base di sesamo e miele rappresentanti i genitali della dea, ancora oggi in India si usa spalmare del miele sul sesso della sposa in occasione delle nozze. Ancora la prima liturgia cristiana imponeva di far assaggiare il miele ai battezzandi, e continuava ad usarlo come libagione (insieme al vino e al latte) nei rituali funebri a Siracusa.


Ricorda la Albertocchi (2012: 68), citando Kerènyi, che il miele ha lo stesso colore del pallido sangue divino, l’ichòr omerico, e che lo stesso termine viene usato da Aristotele per definire il liquido amniotico delle partorienti. L’elemento liquido rientra nel complesso insieme simbolico al cui centro stanno le grotte-ninfeo, là dove nascono le sorgenti sotterranee. L’acqua – sacra alle Ninfe [15] e in alcuni testi sovrapposta ad esse come sinonimo – non è semplicemente un liquido dissetante, e non è ancora (siamo in un’epoca precedente alla “rivoluzione” agricola) importante per la cerealicoltura. L’acqua di sorgente è essenza ctonia: proviene dal ventre della Dea e i luoghi in cui essa sgorga sono luoghi di confine e insieme di collegamento tra due mondi altrimenti separati: il nostro mondo e il mondo infero. Perciò le api-Ninfe sono esseri che abitano il confine tra la vita e la morte, come ognuno di noi prima della nascita trascorre nell’acqua i nove mesi liminali della gestazione. L’acqua è quindi un elemento sacro e legato alla vita, alla morte, alla rinascita; essa risana, feconda, purifica [16].


Il legame tra Ninfe e acque sorgive, non “addomesticate” a scopo agricolo, chiarisce la loro relazione con la sfera del selvatico, e le sedi naturali delle api/Ninfe, le grotte da cui sgorgano acque perenni, rafforzano il simbolismo ctonio dell’insieme. È nelle grotte che ha avuto origine il culto dei morti: le grotte sono al contempo tombe dove i morti riposano e ventre gravido della Madre da cui si ri-nasce. Il miele, liquido amniotico divino usato nei riti funerari, e l’acqua sorgiva sono i mezzi per “conservare” e proteggere i morti e coloro che devono ritualmente ri-nascere. Ma il miele sembra legato anche alla parola, tramite la stessa radice relittuale semitica *DB(R) il cui significato è “effondere, fluire”. Dabar è la “parola ispirata”: profetica, poetica o cantata. Il profeta (o il poeta) è collegato all’ape: dalla loro bocca il miele/parola ispirata “fluisce” (Aspesi 2011: 75-82).


Ecco un altro insieme simbolico: in Mesopotamia il sumerico ka-lal, “bocca di miele”, è epiteto di divinità; e in un inno babilonese si dice di Ishtar: ha «labbra dolci come il miele, vita è la sua bocca». Nella letteratura greca troviamo diversi esempi di Ninfe o sacerdotesse legate all’attività profetica: Pindaro chiama la Pizia Melissa di Delfi, là dove un tempio venne costruito dalle api, e dove la prima profetessa di Gea fu la Ninfa Dafni; nell’Inno Omerico a Hermes le tre vergini-api «insegnano, in disparte, la divinazione»; la Ninfa Erato era profetessa di Pan in Arcadia; le Thriai nutrici di Apollo sono definite da Esichio le prime profetesse, e tali sono anche le ninfe Sfragitidi presso il monte Citerone (Andò 1996: nota 117). Anche Omero associa il miele alla parola, e insieme ai poeti i filosofi (Saffo, Pitagora, Pindaro, Platone, Socrate) vengono definiti ’nutriti e illuminati dal miele divino’. Lo stesso Pindaro sembra mettere in connessione méli (miele) e mélos (canto).


D’altronde il miele è l’ingrediente per una tra le più antiche misture psico-attive, tra le più semplici da realizzare e con grandi implicazioni cerimoniali: il melikratos (da miele e kratos  “forza, potenza”) o idromele, formato dalla mescolanza di miele e acqua, la cui fermentazione produce una bevanda dal potere inebriante e di tradizione antichissima, precedente all’uso del vino e usato nei riti tesmoforici o di altre dee parthenoi [17]. Ma già nella grotta dell’Ida [18] dove crebbe Zeus Kretagenes si celebrava una festa misterica annuale con la preparazione rituale dell’idromele (Caruso 1994: 25): Plinio, descrivendo il procedimento per la preparazione della bevanda, sottolinea che la fase della massima fermentazione doveva avvenire al sorgere eliaco di Sirio, momento importantissimo nella religiosità greca, che corrispondeva, nei principali centri religiosi, al Capodanno.


Il miele è stato dunque nutrimento, farmaco, sostanza inebriante, e le Ninfe/Api sono le intermediarie, tra le divinità e gli esseri umani, tra cielo e terra, per questa sostanza sacra. Questi elementi ci spingono a comparare i riti legati alle Ninfe al viaggio sciamanico di altre tradizioni culturali, che comprende – oltre alle sostanze inebrianti – pratiche di digiuno, musica, danza e utilizzo rituale della voce per accedere a quegli stati non ordinari di coscienza dai quali potevano scaturire le visioni “profetiche” o “poetiche”. Le Ninfe, infatti, possono anche rapire: la ninfolepsia [19] ad esempio è un particolare stadio religioso, un entusiasmo profetico ispirato dalle Ninfe ai mortali, una dimensione estatica, non legata alla follia ma decisamente al mondo selvatico e non addomesticato, slegata dalla cornice cittadina. Il ninfolepto è catturato dalle Ninfe e «strappato alla polis, ma attraverso la possessione delle Ninfe riguadagna un ruolo sociale e mantico» (Schirripa 2009: 82-83). Nei ninfei si ritrovano iscrizioni e dediche di “rapiti” iniziati al culto delle ninfe. Socrate, nel Fedro, è un ninfolepto, ed evidenti tracce di questa forma di sacralizzazione si ritrovano nella poesia greca di ambito egizio, nelle dediche epigrammatiche alle ninfe del Nilo,  nella tarda poesia orfica. Servio (Georgiche 4, 363) ci racconta di bambini offerti alle ninfe del Nilo, e suggerisce un rituale di iniziazione paragonabile alla discesa eleusina degli inferi. Non si può fare a meno di pensare ai racconti dei bambini “rapiti” o “scambiati” dalle Donne di Fora in Sicilia.


[http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/kore-e-le-ninfe-nel-mediterraneo-tra-api-e-miele-2/] 

(placchetta Artemide-Ape, Rodi, VII Sec.a.C.)


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Vorrei approfondire riguardo la simbologia numerica presente in questa placchetta, che mi sembra interessante. 

La figura richiama quella di Potnia 

Theron (Ἡ Πότνια Θηρῶν), indicata  la Signora degli Animali, o la Signora delle Cose Selvagge, una dea minoica, micenea, greca ed etrusca, raffigurata con animali tenuti tra le mani, a braccia aperte. Questa postura, della quale ho parlato altre volte, indica l'equilibrio delle due energie, maschile e femminile, come ho detto, riguardo anche la dea minoica dei Serpenti, e in generale, la rappresentazione delle divinità, ma nel caso di questa Dea delle Api, la rappresentazione non è proprio esattamente speculare. 

Infatti il fiore alla sua sinistra è rappresentato con 7 petali, mentre il fiore alla sua destra, è rappresentato con 8 petali. 

In numero di otto, sono anche le bordature della parte inferiore del corpo, che riprende la fisionomia del corpo dell'ape. Così come presentano 8 bordature i due "coni" che incorniciano il viso, come un'acconciatura. 

I sette petali del fiore alla sua destra potrebbero rappresentare le Pleiadi, quindi il potere di rinascita, l'eternità, come il Sacro Archetipo Zain, con funzione eternità, oltre che rappresentare il percorso iniziatico attraverso i 7 chakra. 

Alchemicamente, il sette, rappresenta la perfezione, il tre(il Divino), che si unisce alla dimensione terrena(il quattro), la Monade increata, sacra fin dai tempi dell'antica Mesopotamia, dove il culto di Potnia ebbe inizio. 

Un numero sacro in ogni civiltà e in ogni periodo storico, dai vari significati simbolici. 

Mentre, sul lato sinistro, sul lato Femminino, vi è un Fiore con 8 petali. 

L'otto è legato al Femminino, perché il pianeta Venere, per tracciare un percorso pentacolare nel cielo impiega otto anni. 

Ma non solo. 

Il Sacro Archetipo Ebraico Het, l'ottavo, con funzione "riparo", guardacaso corrisponde proprio alla lettera H, come la conformazione di questa divinità. 

Rappresenta la Natura che tende all'equilibrio, per far sì che l'Universo trovi solidità nelle fasi della sua Creazione, che implica sempre una dinamica tra opposti. 

Questo consente di mantenere un certo ordine, un riparo, come in una siepe chiusa(è ciò che rappresenta il glifo della lettera Het), dove ci sono leggi della Natura da rispettare, perché sono leggi che sono il riflesso delle leggi divine(l'otto rappresenta anche l'infinito, la complementarietà tra cielo e terra). 

È la legge di causa ed effetto. La legge della Giustizia, come l'Arcano Maggiore VIII. 

A forma di ottagono, erano anche le prime fonti battesimali. Si entrava a far parte di un "riparo", con un simbolo di appartenenza. 

La stella a 8, punte era anche il simbolo della dea sumera Inanna, e poi della dea Mesopotamica Ishtar, la grande "Signora della Luce". 

Una dea potentissima, quindi, che domina, in equilibrio, le due energie, che ha il dono dell'eternità, della complementarietà tra terreno e divino. 

Ecco perché il numero dei petali è differenziato : perché evidenziano i due diversi aspetti della Dea. 

Tra l'altro, se sommiamo il numero 7, con il numero 8, otteniamo un 15, che era considerato un numero sacro, il numero della luna, perché il 15, si colloca  esattamente a metà percorso nel ciclo lunare e femminile dei 29 giorni, come il giorno più fertile, quello dell'ovulazione, consono al concetto di Dea, come dea della fertilità, della produttività, come la Sacra Ape che rappresenta. 

Una Dea stupenda, alla quale sono particolarmente legata, insiene alla Dea Potnia Theron (Ἡ Πότνια Θηρῶν), che presenta una H anche nel suo nome greco, dea equinoziale della Tanit,  quella che rappresenta una stella a 5 punte, con quell'angolo interno a 72 °, che, abbiamo visto, è tipico dell'ingresso dei nostri nuraghi, e anche del pozzo Sacro di Santa Cristina a Paulilatino( https://maldalchimia.blogspot.com/2021/06/simbologia-angolo-72-nel-pozzo-scristina.html?m=0). 


Tiziana Fenu

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Melissa la Dea Ape




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