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Questo sito nasce ispirato dalla Sacra Divinità dell'Ape, che mi ha amorevolmente guidata alla scoperta di ciò che è la mia Essenza, manifestazione in E come un'ape, prendo il nettare da fiori diversi tra loro, producendo del "miele-Essenza" diversificato. Ma con un filo d'Oro conduttore l'Alchimia nel creare, nell'Athanor della ricerca intima, multidimensionale, animica. E in questa Alchimia, amare le parole nella loro intima Essenza. Soprattutto quella celata. Le parole creano. Sono vibrazioni. Creano dimensioni spaziotemporali proprietà, trasversali. Che uniscono dimensioni apparentemente distanti. Azzardate. Inusuali. Sempre dinamiche Sempre. operose. Come le api. A cui devo ogni mio battito d'Ali. COPYRIGHT ©®I contenuti presenti sul blog Maldalchimia.blogspot.com, quelli scritti ed elaborati dall'autrice, Tiziana Fenu, proprietaria del blog, non possono essere copiati, riprodotti, pubblicati o redistribuiti, in qualsiasi forma, se non, riportando nome, ©®Diritti intellettuali riservati e nome del blog,

venerdì, aprile 15, 2022

💜Pizia o Pitonessa

 PIZIA o Pitonessa.

Webster liquida questa parola molto rapidamente dicendo che era il nome di una donna che pronunciava gli oracoli nel tempio di Delfi, e di “ogni donna che si supponesse avere in sé lo spirito della divinazione: una strega”, cosa che non è lusinghiera, né esatta né giusta.

Una Pizia, secondo l’autorità di Plutarco, Giamblico, Lamprias e altri, era una sensitiva nevrotica. Veniva scelta fra le classi più povere, giovane e pura. Addetta al tempio, nel cui recinto aveva una stanza, appartata da ogni altro, senza che alcuno, eccetto il prete o veggente, potesse avvicinarla, non aveva

comunicazioni con il mondo esterno, e la sua vita era più rigorosamente ascetica di quella di una monaca cattolica.

Sedeva su di un tripode di bronzo posto su di una fessura del suolo dalla quale salivano vapori inebrianti, e queste esalazioni sotterranee, penetrando in tutto il suo organismo, producevano in lei un delirio profetico. In questo stato anormale pronunciava oracoli. Veniva talora chiamata ventriloqua vates{25}, profetessa ventriloqua. Gli antichi ponevano nel cavo dello stomaco l’anima astrale dell’uomo, ψνχή, ossia la sua autocoscienza. I brahmani condividevano queste credenze con Platone e altri filosofi. Così troviamo che nel quarto verso del secondo inno Nâbhânedishtha è detto: “Ascoltate, o figli degli dèi (spiriti), uno che parla attraverso il suo ombelico (nâbhâ) perché egli vi saluta nelle vostre dimore!”

Molti sanscritisti convengono che questa credenza è una delle più antiche fra gli Indù.

I fachiri moderni, come gli antichi ginnosofisti, si uniscono al loro âtman e alla Divinità rimanendo immobili in contemplazione e concentrando il pensiero sull’ombelico. Come nei moderni fenomeni sonnambolici, l’ombelico era considerato il “cerchio del sole”, la sede dell’intima luce divina{26}. Il fatto che numerosi sonnambuli moderni sono capaci di leggere lettere, udire, odorare e vedere attraverso questa parte del loro corpo, deve essere considerato come una semplice “coincidenza”, o dobbiamo finalmente ammettere che gli antichi saggi conoscevano, sui mist

fisiologici o psicologici, qualche cosa di più dei nostri moderni accademici? Nella Persia moderna, quando un “mago” (spesso un semplice mesmerizzatore) è consultato a proposito di un furto o di altri fatti imbarazzanti, egli fa le sue manipolazioni sul cavo del suo stomaco, portandosi così in uno stato di chiaroveggenza. Fra i moderni Parsi, come fa notare un traduttore del RigVeda, esiste la credenza, durata fino a oggi, che i loro adepti hanno una fiamma nell’ombelico, la quale illumina per loro ogni oscurità e dischiude il mondo spirituale, come tutte le cose invisibili o distanti. Essi la chiamano la lampada del Deshtur, o alto sacerdote, la luce del Dikshita (iniziato), e con molti altri nomi.


Tratto da Helena P. Blavatsky "ISIDE SVELATA"

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