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domenica, settembre 12, 2021

💛La Venere di Macomer

 La Venere di Macomer, Amazzone Sarda. 


La nostra Dea Madre sarda più antica, la Venere di Macomer, risale ad un periodo che hanno individuato tra il Paleolitico superiore e il Mesolitico, quindi collocabile al 10.000-8000 a.C.circa.

È stata realizzata in pietra basaltica, ed è alta circa 14 cm, ritrovata insieme ad altri oggetti, in una grotta chiamata grotta Marras, sulle sponde del Rio s'Adde(come è simile questo nome, a quello del fiume Ade della mitologia), a Macomer, in provincia di Nuoro.

Attualmente questa statuina si trova al Museo Archeologico di Cagliari.

Come avevo già avuto modo di sottolineare in un mio precedente post sulle Dee Madri sarde, la statuina presenta una testa che sembrerebbe zoomorfa, simile a quella del "prolagus Sardus", un piccolo mammifero simile alla lepre, estinto forse dal 1400 in poi.

Un chiaro riferimento, nella scelta di questo mammifero, verso la "lepre/coniglio", nella sua valenza di animale estremamente fertile e riproduttivo.

La forma della statuina risulta mutilata. Le manca il seno destro(e per questo motivo, prof. Lilliu, la annovero' nella categoria "non finita", ma potrebbe non essere così, visto che la storia del Femminino, parla di ben altro riguardo la mancanza del seno destro).

La forma complessiva del corpo è steatopigia, con glutei e cosce importanti, simile a quella delle statuine ritrovate in Anatolia e nel Nord Europa, nello stesso periodo.

La caratteristica del seno destro mancante("a-mazones" di origine iranica, "senza mammelle"), è tipica di un'ampia letteratura riguardo le Amazzoni, tracciata in particolare dagli autori e mitografi greci.

Amazzoni, che vengono descritte come le donne di un popolo mitico al di fuori della Grecia, considerato Barbaro dagli stessi greci.

Secondo Omero di trattava di "Amazones antianerai", "Amazzoni simili agli uomini", e anche "androktonoi", omicide di uomini, androcide.

Secondo l'autore del libro "Le Amazzoni", Pierluigi Romeo di Colloredo Mels, archeologo, "esistettero donne guerriere, che combatterono a cavallo, armate di arco e frecce, ed esistettero sovrane dalle ricchissime sepolture, che indicano una grande potenza e proprio dove la tradizione greca indica lo stanziamento delle Amazzoni: ma non esistette mai, con buona pace di chi ha fantasticato su un mai esistito matriarcato, uno stato retto e governato da sole donne, e dal quale gli uomini erano esclusi se non come manodopera servile. Le Amazzoni, quelle della realtà e non del mito, erano donne perfettamente inserite nella società scita e più tardi sarmata, allo stesso identico modo degli uomini, governavano, combattevano, morivano al fianco e come i loro compagni di sesso maschile. Non erano femministe né avevano bisogno di esserlo."


E ancora" Secondo la forma più antica e più diffusa del mito, quale si incontra in Omero e nei poemi ciclici e prende poi aspetti e linee più complesse e definite nella poesia posteriore, esse costituivano, nella regione del fiume Termodonte, in Leucosiria, sulla costa meridionale del Mar Nero, intorno alla città di Themiscyra (Temiscira), un popoloso stato di donne guerriere, governate da una regina. Gli uomini ne erano rigorosamente esclusi, e le Amazzoni provvedevano alla conservazione della stirpe, recandosi ogni anno, in primavera, presso un confinante popolo di uomini, a fine di commercio sessuale; o, secondo un'altra forma della leggenda, nel popolo stesso delle Amazzoni si trovavano anche gli uomini, ma tenuti in condizione di schiavi, adibiti alle faccende domestiche e storpiati nelle braccia e nelle gambe in modo da essere resi inabili all'uso delle armi. Tutte le forme superiori di attività erano invece riserbate alle donne: esse governavano lo stato, vestivano e maneggiavano le armi, combattevano valorosamente, a piedi o a cavallo, con la lancia, con l'azza, con l'arco, con la scimitarra, non solo in difesa del suolo della patria, ma anche a scopo offensivo, sia operando scorrerie nei paesi limitrofi, sia effettuando grandi spedizioni in regioni lontane; il mito conosce la loro comparsa in Tracia, in Siria, in Asia Minore, nella Grecia propriamente detta, e racconta le lotte da loro sostenute, in tali occasioni, coi più famosi eroi greci. Fa anche risalire ad esse la fondazione di numerosissime città, tra cui Cuma eolica, Mitilene, Smirne, Caulonia (nella Magna Grecia) ed Efeso, dove esse avrebbero fondato anche il celebre santuario di Artemide. Del loro nome gli antichi indicavano varie etimologie, tutte di carattere etiologico; vedendovi, più solitamente, significato il fatto che alle fanciulle si amputava uno, o ambedue i seni, per rendere più facile il maneggio dell'arco, oppure che esse non erano allevate con l'allattamento.

[...] Innanzitutto bisogna dire che le origini delle Amazzoni non furono mai un fenomeno greco. Sin dai tempi più antichi le guerriere venivano collocate in Asia Minore (in Anatolia), nel Caucaso oppure nelle steppe eurasiatiche. Tuttavia furono i greci a immortalare il mistero della loro esistenza nei versi, negli scritti, nell’oggettistica d’arte. La misteriosa Iliade (scritta intorno al VIII secolo a.C.) parla di queste donne che Omero collocò in Asia Minore, presso i Frigi e i lici. Per Erodoto la patria delle Amazzoni era una vasta area geografica situata tra il Mar Caspio e il Mar Nero, un territorio occupato all’epoca dai sauromati, i futuri sarmati, i quali discendevano dagli sciti e dalle Amazzoni"


Ma è interessantissimo soprattutto questo passaggio del testo. 

"Con Diodoro Siculo (I secolo a.C.) la patria delle Amazzoni si spostò dall’Anatolia alle sabbie roventi del Meridione. Diodoro, che aveva soggiornato a lungo in Egitto, collocò le donne guerriere nell’Africa nord-occidentale. Secondo Diodoro, le Amazzoni erano vissute laggiù molto prima che il loro pendant anatolico in Asia Minore, e la regina Mirina regnò su tutta l’Africa settentrionale. Si sarebbe trattato di donne libiche.

“Dicono che nell’Africa occidentale ai confini del mondo abitato esistesse un popolo governato da donne, che facevano una vita diversa da quella delle nostre. Infatti di norma si occupavano delle cose di guerra ed avevano l’obbligo di prestare servizio militare per un tempo stabilito rimanendo vergini; trascorso il periodo della ferma cominciavano a frequentare gli uomini per averne dei figli e gestivano le cariche e tutti gli affari pubblici. Gli uomini invece, come da noi le spose, facevano vita casalinga obbedendo agli ordini delle loro conviventi, non servivano nell’esercito, non ricoprivano incarichi e non avevano alcuna libertà d’azione pubblica per evitare che, insuperbitisi, attentassero al potere delle donne. Alla nascita i figli erano affidati agli uomini, che li nutrivano con latte e altri cibi adatti all’età degl’infanti. Se si trattava di una femmina, le cauterizzavano il seno perché non si sollevasse quando diventava adulta, infatti ritenevano che due mammelle sporgenti dal corpo fossero un impaccio non da poco per le attività belliche; per questo motivo furono chiamate dai Greci Amazzoni, cioè “prive di seno”. 

Il mito racconta che abitavano un’isola, chiamata Espera in quanto stava in occidente, nel Lago Tritonide [Chott el Djerid, ndA]. Il lago a sua volta si trovava vicino all’Oceano che circonda la terra, prendeva nome da un fiume che sfociava in esso e si chiamava Tritone, ed era pure prossimo all’Etiopia e al massimo massiccio montuoso di quei luoghi, che scende a picco lungo l’Oceano e dai Greci è chiamato Atlante. L’isola che dicevamo era vasta e piena d’alberi fruttiferi d’ogni genere, dai quali traevano sostentamento gli abitanti. Ospitava anche una gran quantità di bestiame, capre e pecore, che fornivano latte e carne per il vitto, invece non si faceva alcun uso di cereali perché là non erano ancora stati scoperti. 

Le Amazzoni, che avevano una forza superiore ed erano avide di guerra, dapprima s’impadronirono di tutte le città dell’isola tranne una di nome Mene, ritenuta sacra, in cui abitavano gli Etiopi Ittiofagi: in essa c’erano ampi crateri che sputavano fuoco ed una gran quantità di quelle pietre preziose che in greco si chiamano ánthrakes, ossia carbonchi, sárdia ossia sardoniche, e smáragdoi ossia smeraldi. Dopo di esse soggiogarono molte delle vicine nazioni libiche e molte tribú di nomadi e fondarono sul Lago Tritonide una grande città, che dalla collocazione chiamarono Cherroneso, cioè “penisola”. Movendo da essa misero mano a grandi spedizioni, perché le aveva colte il desiderio d’invadere una buona parte del mondo abitato. I primi contro cui marciarono, a quanto si dice, furono gli Atlanti, la popolazione piú civile di quelle parti, i quali abitavano una terra ferace e ricca di città; presso di essi nei luoghi lungo l’Oceano i loro miti, in ciò concordi coi racconti dei Greci, collocano la nascita degli dei"


Aggiungo che la sarda o sardonice (una pietra preziosa), in greco sárdion, dal greco Sárdeis, si riferisce a Sardi, città della Lidia, in quanto fu scoperta dagli abitanti di Sardi, come afferma Plinio. 

Sardi, trasferiti in Lidia, che poi fandarono la città di Sardi? 

E ancora, "Etiopi" come i quattro mori della bandiera sarda? 

Ma  a parte questi interrogativi. 

Ritorniamo sulla Venere di Macomer.

In base a queste letture, è molto probabile, quindi, che rappresenti un'antica Amazzone.

Di solito, per "eliminare" il seno destro, usavano un disco rovente di ghisa.

Ho pensato per analogia, visto che le tradizioni che si protraggono nel tempo, affondano le radici anche in fatti storici reali e concreti, ad una delle nostre massime rappresentanti, diletto per gli occhi e per il palato.

La "seada/sebada", che di solito viene offerta con del miele sopra.

La sua forma ricorda quella di una soffice mammella, con il formaggio filante all'interno(guai ad usare mozzarelle), che richiama il latte.

È una forma che potrebbe ricordare anche un disco, magari quello stesso usato per arroventare il seno.

Per renderlo "secco"

"sa titta siddada/siddia". 

"la tetta seccata, cancrenizzata, irrigidita, non più nutriente.

" Siddada/seddada", sembra una forma sincopata della parola "seada".

E non solo.

Pensiamo al miele sopra la seada, come da tradizione.

Perché proprio il miele?

Perché unire un alimento così dolce, con uno salato?

Perché il miele, in natura, è per eccellenza un elemento altamente cicratizzante, lenitivo, cauterizzante, anche disinfettante.

Quale migliore rimedio antico e naturale, per guarire e far cicatrizzare una ferita da bruciatura, importante come quella inferta da un disco rovente su una parte così delicata come il seno?

Io credo la nostra tradizionale seada rappresenti quelle che magari per un po' di tempo furono le Amazzoni in Sardegna.

Piccola parentesi.

Ancestralmente, le memorie cellulari delle nostre antichissime Madri, portano con sé anche questa memoria cellulare delle Amazzoni. Infatti, l'incidenza di cancro al seno destro, è molto più alta di quella al seno sinistro.

Le cellule hanno memoria. Ci sono studi approfonditi in proposito, e questa memoria delle Amazzoni non esula da questo contesto.

Perché è una memoria che fa male. Una memoria in cui, le donne, per difesa, o per sentirsi al pari degli uomini, hanno dovuto penalizzare parte della loro femminilità (molte regine vennero rappresentate con un abito ad una sola spallina, quella sinistra, che regge anche il seno destro "metaforicamente" mancante).

Donne che si sono dovute "mascolinizzare", per potersi sentire al pari degli uomini.

Non sono mai state ritratte nell'arte, e questo la dice lunga su come il Femminino penalizzato in questo modo, ne abbia pregiudicato anche la rappresentazione artistica, anche se ci sono molte rappresentazioni di Amazzonomachia, di giochi e sfide, specie con i Greci, loro accerrimi nemici.

Prima di iniziare le sfide, suonavano il sistro, il suono della Dea Madre, dove nella parte superiore sono appesi 4 sonaglini, che rappresentano i 4 elementi di Madre Terra, ai quali si agganciavano per vibrazione. 

Il sistro, caro alla dea egizia Hator, ma che in Sardegna magari esisteva da tempo, perché corrisponde al nostro "sciranchizzi", che non è un sonaglino, passatempo per i bambini, ma un risvegliatore. di coscienza, attraverso le sue vibrazioni che uniscono al divino e alla Madre Terra contemporaneamente, come già scrissi. 

Donne "mascolinizzate", per loro scelta, probabilmente, perché spesso, per acquisire consapevolezza del proprio valore Femminino, bisogna passare anche per gli estremi.


Mascolinizzarsi. 

Rendersi sebada/segada(tagliata)/siddada(senza più niente da offrire, seccata, irrigidita, cancrenizzata) 

La radice di "siddada" è sid-. 

"Sid", nella nostra antica civiltà Sarda, rappresentava l'eponimo di Sidone, una divinità a noi indigena, di cui il "Sid"(che significa "padre"), del nostro Sardus Pater,  principale "divinità" del tempio di Antas, a Fluminimaggiore(il tempio del Dio Sardus Pater Babbai), era quello con la tiara piumata, quello rinvenuto anche nelle vicinanze del pozzo Sacro di Genoni, chiaro collegamento al culto delle acque, in virtù anche dei bronzetti addetti alle scavature dei pozzi, come abbiamo visto in uno dei miei ultimi post. 

Un dio guerriero, cacciatore, ma anche, associato alla guarigione, alla potenza guaritrice delle acque, poiché è stata ritrovata anche un anfora in bronzo con la figura di un delfino, noto per le sue capacità terapeutiche vibrazionali. 

Una divinità con caratteri paterni, ripreso in età romana come "Sardus Pater". 

Quindi, le Amazzoni sarde, se mai è esistito un periodo in cui si sono mascolinizzate, non più nutrienti nell'allattamento, con un seno "siddiu, chiuso, secco" , si sono fatte carico di quel Mascolino "Sid", di cui hanno portato con orgoglio e temerarieta', il marchio a fuoco, penalizzando un loro seno. 

Sid, in ogni caso, rappresenta il Mascolino, il patriarcato che avanza, il culto della virilità che si affianca a quello delle Dee Madri, anche se, ha in sé, anche la valenza guaritrice del Femminino, dell'acqua 

In equilibrio, come è tipico dell'antica Civiltà Sarda, come ho sempre sottolineato. 

La Venere di Macomer forse rappresenta una prima figura archetipale di Amazzone.

Forse rappresentava un ristretto nucleo di donne, che poi invece non hanno avuto bisogno di lottare per essere al pari degli uomini, visto come si è sviluppata, in armonia sinergica di opposti, tra Maschile e Femminile, la nostra Antica Civiltà Sarda. 

Ma che ne ha conservato, nella simbologia del gesto, la forma (nella seada con il miele) e nomenclatura (seada/segada/siddada/sid). 

Come una parentesi, come una ferita del Femminino che ancora brucia sulla pelle e necessita ancora, come anticamente, della cicatrizzazione lenitiva del miele. 

Sono ferite che restano, non solo a livello animico, ma anche molecolare, cellulare, come scienza dimostra, e l'incidenza penalizzante proprio sul seno destro, piuttosto che su quello sinistro. 

Proprio come l'anca destra di Giacobbe, o la zoppia di molti sciamani. 

Ma questa è un'altra storia, e intanto, onore al coraggio della nostra prima Amazzone, probabilmente della storia. 

Un'Amazzone che è come un Archetipo, compiuto, definito, finito, perché rappresenta le due polarità, le due energie, maschile e femminile, necessarie alla creazione. 

Tiziana Fenu 


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